Enrico Tealdi
Enrico Tealdi nasce a Cuneo nel 1976, dove vive e lavora. Dopo essersi diplomato in pittura, perfeziona la propria formazione attraverso diversi workshop con tutor di fama internazionale come Massimo Bartolini, Stefano Arienti, Lorenza Boisi, il tedesco Tobias Rehberger. Dal 1998 sono presenti le prime esperienze espositive. Tra le mostre personali: 2019, Concerto per carillon, Galleria Francesca Antonini, (Roma); 2016, Si cercano Parole che nessuno dirà, a cura di Davide Caroli, MAR, (Ravenna); 2015, La Diagonale diffusa; a cura di Veronica Liotti, Spazio Yellow, (Varese); 2013, Era un piccolo mondo e si teneva per mano, a cura di Veronica Liotti, EffeArte, (Milano). Tra le collettive: 2020, The Milky Way, Galleria Franco Noero, (Torino); 2013, At Work, a cura di Katia Anguelova, Fondation Fondation Donwahi pour l’Art Contemporain, Abidjan II Plateaux (Ivory Coast); 2011, Italia Ora, a cura di Achille Bonito Oliva, Museo H.C. Andersen, Roma (Italy); 2008, Storie di Matite, a cura di/curated by Marco Benna e/and Olga Gambari, Spazio Azimut, Torino (Italy); 2007, Centro e Periferia, concorso internazionale per giovani artisti (opera entrata a far parte della collezione del Quirinale) Federculture, Roma.
STATEMENT
Enrico Tealdi propone un lavoro sul tema della memoria,nella sua opera racconta storie di affetti, legami e conflitti, unite dal filo delicato, soggettivo e magico del ricordo.
“August blues” è simile al “sunday blues “ , tristezza della domenica sera, sperimentata alla fine del weekend e prima dell’inizio di una nuova settimana. Spesso la si percepisce intensa nel mese di agosto , ci comunica forte e chiaro un solo messaggio: l’estate sta per finire, settembre è vicino, è tempo di tornare a prendersi le proprie responsabilità. Per alcuni, questo mese può essere davvero uno dei più difficili da vivere, a causa di ansia e tensioni, talvolta inspiegabili.La “malinconia di agosto”, oltre alla durata, risiede nel fatto che quest’ultima sarebbe in grado di cogliere tutti, sia gli amanti dell’estate, sia quelli che, in genere, non la sopportano e che non vedono l’ora che finisca: i primi probabilmente si sentono ansiosi per l’avvicinarsi della fine della stagione preferita, i secondi più tesi perché più vicini al loro “traguardo”. Si avverte una specie di senso di colpa o insoddisfazione per non essere riusciti a fare abbastanza durante questo periodo dell’anno, per non essere stati “al massimo” come la stagione e gli stereotipi legati ad essa ci obbligherebbero ad essere. Nell’opera compare come un tempo simbolico di transizione verso il nuovo , ma anche la una sorta di nostalgia del presente: quella sensazione che ti dà un momento della vita che sai che un giorno ti farà piacere ricordare.